La compatibilità con l'ambiente
La caratteristica indiscutibilmente meno nota del carbone è la sua compatibilità con l’ambiente, secondo le normative vigenti.
E ciò è ancor più vero nel nostro Paese, se si considera che tutte le 8 centrali a carbone sono certificate EMAS - la certificazione ambientale di standard europeo, più severa rispetto alla certificazione ISO 14001.
Tali centrali eccellono anche dal punto di vista dell’efficienza, con un rendimento medio del 40% rispetto al 35% della media europea, e addirittura al 25% dell’Europa continentale. L’impianto di Torrevaldaliga Nord, raggiunge un picco di efficienza del 46%, ed è riconosciuto come una delle più efficienti centrali a livello mondiale, eguagliato per performance solo da altri due impianti, in Giappone e in Danimarca. Il costo di chiusura di tale eccellenza in anticipo rispetto alla sua vita utile, è stimato in svariati miliardi di euro, che saranno a carico del cittadino.
Inoltre, la cattedra di Igiene Industriale dell’Università di Brescia ha effettuato un’indagine sui rischi per i lavorativi in una centrale a carbone, effettuando annualmente un monitoraggio ambientale a partire dal 1987. L’analisi dei risultati ottenuti in 15 anni di attività ha confermato l’assenza di patologie o disturbi nei lavoratori della centrale a carbone.
Uno dei centri di ricerca medico-scientifica indipendenti più autorevoli al mondo, l’iPRI-International Prevention Research Institute, nello studio del 2013 “The Environmental and Health Impacts of Coal Thermoelectric Plants”, ha dimostrato come la gran parte delle analisi mirate a cercare una correlazione tra emissioni delle centrali termoelettriche ed effetti sulla salute delle popolazioni, abbiano portato in realtà a risultati inutilizzabili, in quanto mancanti di un’appropriata metodologia.
Secondo iPRI, finora non c’è stata alcuna evidenza di aumento o diminuzione del rischio di mortalità, né di altri effetti sulla salute delle persone che lavorano in centrali a carbone o dei residenti nelle vicinanze, associabili direttamente con le emissioni inquinanti degli impianti.
In particolare, nel periodo dal 2000 al 2010, le emissioni europee di polveri sottili PM2,5 sono diminuite complessivamente del 15%, mentre nel settore termoelettrico la riduzione è stata del 41,5%. Anche in Italia, nel 2010 la sorgente maggiore di PM2,5 risulta essere, in realtà, l’uso domestico di energia (gli impianti di riscaldamento), e il suo utilizzo per le attività di commercio e servizi e della Pubblica Amministrazione (50%), seguita dai trasporti (29%), dalle industrie e dalla gestione dei rifiuti (5%), mentre appena il 2,6% del totale deriva dalla produzione e distribuzione di energia.
Anche Nomisma Energia ha pubblicato nel 2008 uno studio su “Centrali a Carbone e Agricoltura” da cui emerge che una centrale a carbone non impatta sul livello di concentrazione di inquinamenti sul suolo immediatamente circostante.
Sul fronte della movimentazione, trasporto ed uso, il carbone garantisce una elevata sicurezza dal momento che non è né infiammabile, né esplosivo, né inquinante per il suolo o per l’acqua.
La International Maritime Organization (I.M.O.) ha sancito fin dal 1997 l’esclusione del carbone fossile, a differenza del petrolio e del gas naturale, dalle sostanze rischiose e nocive trasportate via mare. Se una nave carica di carbone si dovesse rovesciare, il carbone si depositerebbe sul fondo del mare senza causare danni.
Per quanto riguarda poi lo stoccaggio del carbone e la sua manipolazione a terra, esistono tecniche e mezzi adeguati di copertura e protezione, sia dei nastri trasportatori sia dei parchi, che sono adottate nel nostro Paese, l’unico in Europa a essersi dotato di parchi e carbonili coperti e che gestisce le centrali a carbone secondo i più elevati standard ambientali, di sicurezza, affidabilità ed efficienza.